mercoledì 10 agosto 2011

Quella casa la'

Ecco a voi, come promesso, il nuovo capitolo...buona lettura

<<Quella casa la'>>


Quella casa la’, come l’aveva definita la signora Scricchione, la casa dove sarebbe andato ad abitare Pau, come già sappiamo in poco più di un mese, era un vecchio garage che sorgeva all’interno del cortiletto del condominio Mirafiori di Paschingliacchi, città del basso Posedere, a pochi chilometre da Pordenone e ad un tiro di schioppo da Cosenza. Dopo aver raggiunto l’età di pensione, il vecchio garagista, Tal Mario Sorpincio decise di mettere in vendita il vecchio garage e con i ricavati se ne sarebbe andato ad invecchiare su una spiaggia di unì’isola Caraibica con quattro Morette con tette a balconcino <<in cui affogare>> diceva ridendo, pregustando già la pensione. Incaricato di vendere il garage fu il geometra Eugenio Crolla, inquilino del terzo piano, noto puttaniere, giocatore d’azzardo, si dice che avesse perso in una serata tre appartamenti di suoi clienti a morra cinese con il figlio di tre anni della Pina Marangoni, sua dirimpettaia. Il Crolla ci mise un po’ di tempo a decidere le modalità di vendita  <<dobbiamo prima pensare all’attacco>> diceva al vecchio Sorpincio che cominciava a mostrare i primi segni di stanchezza. <<no, forse è meglio in difesa o forse, centrocampo e non se ne parla. Anzi sarebbe meglio la buon vecchia catenaccio...>>.
E così passarono gli anni, il geometra Crolla non si decideva ed il vecchio Sorpincio cominciò prima a non andare oltre il giornalaio, poi a non uscire dal portone ed infine segregato in casa. Nessuno si preoccupò di non vederlo più in giro, qualche voce diceva che usciva solo di notte o altri giuravano di averlo visto all’aeroporto prima di imbarcarsi per le Maldive. Il vecchio Sorpincio fu scoperto solo due anni dopo morto in casa con la cornetta del telefono appiccicata all’orecchio con una signorina della hot line che continuava a ripetere <<aspetta ancora un attimo>>. Così il povero Sorpincio non potè godersi la sua vecchiaia in riva alle acque cristalline di un atollo Caraibico. La signora Scricchione non perse occasione per dire che il temporeggiare del geometra Crolla non fu altro che una manovra per prender tempo, perché il vecchio garage lo aveva perso ad una partita di filetto con il nipote del cugino acquisito del giornalaio, di otto anni.
Nessuno ebbe mai certezza di questa voce, fatto sta che per un lungo periodo nel garage ci fu un gran via vai di nani che si sollazzavano con film della walt disney e granite alla menta. Dopo qualche anno il garage fu nuovamente messo in vendita per conto di un forestiero, un certo nano da giardino di Nome Brantoldo, anche se le voci più autorevoli del palazzo insistevano per dire che si trattava del nipote del cugino acquisito del giornalaio, presentatosi con questo nome per non destare sospetti. In ordine i proprietari del garage furono i seguenti: una maestrina d’asilo che di notte si trasformava in un’assatanata sessuomane, le cui urla tenevan sveglio tutto il condominio, in particolare con <<disegnami la Aaaa...>>, nella sua permanenza nel garage fece aprire una finestrella che dava sul cortile così da poter avere un po’ di luce, diceva lei ma qualcuno sospettava che quel lavoro fosse dovuto ad un suo incessante bisogno di farsi sentire nelle proprie acrobazie notturne. Poi fu la volta di un gruppo Punk, che per la metà del tempo non faceva che ruttare, scarabbocchiare sui muri scritte del tipo <<Fuck! Shit!>> e cose del genere, perennemente fatti di crack, colla e fumo Libanese. Non durarono molto, solo il tempo di mettere a ferro e fuoco il garage. Nella loro breve ma intensa permanenza, apportarono una nuova modifica alla facciata della struttura, a suon di peti Punk, aprirono una voragine nel muro in cui sarebbe potuta passare un’automobile, che fu lasciata così perché il gruppo sosteneva a rutti e scuregge <<è troppo Punk!>>. Il terzo avventore fu un ragionere, tal Amaso Machiè, ricercato serial Killer del basso Modenese. La prima cosa che fece appena arrivò nel garage fu chiudere la voragine e serrare bene tutte le finestre. Il ragionere non diede mai fastidio a nessun, non fu mai oggetto di scandali così importanti da dover andare sulla prima pagina di “è tanto una cara persona, certo però...”. Solo qualche mese dopo, il ragioniere diede tanto da pensare agli inquilini del condominio, quando una task force di ottocento agenti tra esercito, carabinieri, polizia, sommergibilisti della marina, frecce azzurre e chi più ne ha più ne metta, armati fino ai denti, venne a prendere l’uomo incriminato per aver sterminato un intero paese solo perché il padrone del bar centrale aveva sbagliato a fare la dichiarazione dei redditi. Poi fu il turno della ragazza equosolidale, Tal Viviana Sereni. La Viviana Sereni abitò per circa un mese nel condominio e non potè portare a termine la ristrutturazione che aveva in mente, qualcuno giurò di averla vista parlare con un condomine dicendo << voglio tanta luce, proprio tanta che inondi la casa come un’onda perpetua...>> poco dopo prese una mazza da carpentiere e cominciò a buttar giù la parete che dava sul cortile interno, sotto lo sguardo indispettito delle donne del palazzo. Eh si, indispettito; anzi, direi incazzato, si perché il motivo per cui la Sereni occupò per così poco tempo il garage fu che era talmente equosolidale da darla a tutti gli uomini accoppiati del condominio; sempre in modo equo, non ci furono sconti o differenze tra gli uomini, però le donne non apprezzarono questa sua precisione e così un pomeriggio, di ritorno da una raccolta di alghe di fiume, la Sereni trovò tutte le sue cose fuori dal portone del condominio con una lettere sottoscritta da tutte le donne del palazzo <<se ritorni, ti raccoglieranno come un’alga i tuoi amici fricchetonici...frecchetti...fracchetti...come si scrive...vabbè, hai capito!>> Finalmente arrivò un po’ di pace per il povero garage, con un pittore, tal Saverio Riccio che si faceva chiamare Eldorado; pace per modo di dire. La prima cosa che fece Eldorado fu sistemare il crepaccio lasciato dalla Sereni, fu allargato e chiuso con una grande vetrata da cui si poteva vedere tutto l’interno della casa. Ora Eldorado aveva delle peculiarità che lo distinguevano, prima di tutto dipingeva fiche, avete capito bene, di ogni forma e grandezza, pelose o rasate, accoppiate a culi, a cosce a bocche a piselli e tutto ciò che potete immaginare lui lo metteva; poi, lavorava esclusivamente di notte, il cielo stellato che si poteva vedere dalla vetrata lo ispirava, niente da ridire se non per la costante fumata bianca al sapore di rosmarino che fuoriusciva lattiginosa dalle finestre e appestava il cortile, cosa che poteva esser sorvolata dato che non si vedevano più zanzare nel giro di due chilometri; la cosa che più rendeva difficile la convivenza con il nuovo inquilino era la sua abitudine di girare completamente nudo in casa, nulla di male se non vi fosse stata quella vetrata su cui affacciavano i balconi di tutti gli appartamenti. Il primo episodio avvenne un mercoledì di maggio, la signora Ciciliana Pastura, del settimo piano, nota cardiopatica, usciva come di consueto per dare acqua ai geranei, fu in quel preciso istante che Eldorado uscendo dalla doccia passò in tenuta “come mamma l’ha fatto” davanti la vetrata, la Pastura non ebbe il tempo di proferir parola che cadde come uno stoccafisso sul balcone. Quando la signora Pina Patrioti, dirimpettaia la andò a trovare per la consueta partita di ramino, la trovò lì che respirava a malapena con gli occhi sgranati e le braccia verso il cielo larghe quanto la misura delle nudità di Eldorado. Fu ricoverata d’urgenza e per un mese dovettero tenerla in isolamento nel manicomio di Trespoli, uscendo solo per le seduta con lo psicologo, rigorosamente donna perché continuava a ripetere <<lo voglio, lo voglio, lo voglio!!!!>>. Così si rivolsero all’amministratore tutti i condomini, gli uomini feriti nell’intimo si paravano dietro le mogli asserendo << è una vergogna, un uomo non può lasciare in libertà i propri animali...io, per esempio, non lo faccio>> e nascondevano il viso dietro un giornale, le donne sudate e in preda a forti tremori, per via di quell’estate così calda, dicevano che era una vergogna perché potevano voderlo i bambini, ed intanto qualcuna piangeva in preda al calore più feroce. Fu così che Eldorato fece montare grosse tende scure che teneva chiuse tutto il giorno per aprirle solo la notte, tanto che in quell’estate famosa ci fu un’impennata delle bollette della luce in tutti gli appartamenti del condominio. Non potendo trovare altra soluzione, i condomini dovettero accettare le stranezze del nuovo vicino.
Gli anni trascorsero, misteriosamente i prezzi nella zona del condominio Caldara ebbero una clamorosa impennata da mettere in crisi il mercato immobiliare, voci dicevano che fosse dovuto ad un’improvvisa estinzione di zanzare e parassiti che da anni appestavano i lotti. La vita scorreva tranquilla, tra i soliti tradimenti, riunioni di condominio e pettegolezzi, quando un mattino di primavera, per la gioia di tutti gli uomini del condominio, giunse la notizia che Eldorado, l’artistoide da strapazzo, era deceduto. Si sa, in un condominio di sette piani le voci corrono veloci, fu la signora Scricchione a scoprire il corpo; era uscita, come di consueto, di buon mattino per annaffiare i gerani nel cortiletto, quando si accorse che il portone del garage era aperto, da brava condomina e vicina di casa, si preoccupò, naturalmente poteva esserci il rischio che entrassero in casa Cani, gatti, topi, lucertole, animali, come tutti sappiamo, dal carattere aggressivo. Per questo, nella speranza di scongiurare una disgrazia, corse al portone e se, poi, entrò nell’appartamento fu solo un caso, un imporvviso sgrullone la colse e non potendo rischiare di infradiciare la vestaglia nuova, la costrinse a cercare riparo tra quelle mura. Ciò che si aprì agli occhi vispi della signora Scricchione, fu l’Eldorado del pettegolezzo, il luogo leggendario di cui ogni esperta del taglio e cucito è alla ricerca da millenni. Nell’appartamento erano conservati preziose storie che avrebbero fatto parlare per anni la Scricchione ed il suo manipolo di pettegole. Arazzi di fiche e cazzi intenti a prender la tintarella su spiagge desete, portacenere a forma di sederi, calici a forma di vulve,  bottiglie falliche di cristallo e cataste di fotografia di uomini e donne nude. La Scricchione si inginocchiò di fronte a cotanta grazia e con le lacrime agli occhi ringraziò il signore per averle donato quell’opportunità. In fondo dopo lo scandalo del professor Coriandolo, del secondo piano, da anni non aveva a disposizioni storie di grande rilievo. Ma la felicità fu destinata a durar poco, da uno stanzino sentì provenire lo scrosciare di una doccia; altri avrebbero girato i tacchi e abbandonato la casa, ma si sa, la curiosità è donna e se la donna in questione è Tiziana Scricchione, non c’è periglio che le faccia cambiar idea. La storia della signora Pastura e delle dimensioni artistiche di Eldorado, erano ormai leggenda nel condominio e aver perso l’occasione di metterne le voci in giro le bruciava più di una gastrite. Così si decise <<la notizia non sarà mia ma almeno potrò dire di averne le prove!>>. Si alzò, si tirò su le maniche e si apprestò a varcare la soglia di quello che doveva essere il bagno. La scricchione aveva già pronte svarie versioni da dare all’inquilino sorpreso sotto la doccia <<la porta era aperta, ho temuto che si fosse sentito male>>, <<volevo chiederle dello zucchero, poi ho sentito la doccia ed ho pensato che avesse dimenticato di chiuderla>> e via così, tutto farcito con il viso d’angelo di mamma premurosa. L’uscio del bagno si schiuse, la donna fu avvolta da un fitto strato di nebbia, con cautela avanzò cercando con le mani le pareti bianche, un ginocchio colpì un tavolino, da un posacenere sederopide si levava il fumo di una strana sigaretta, la prese tra le dita e la portò alle narici, un forte odore di arrosto le investì i sensi <<questi artisti, tutti arte e natura>> pensò tra sè posando il mozzicone dove lo aveva trovato. Avanzò ancora e finalmente giunse alla doccia. La scricchione ebbe un sussulto, vide immerso nell’acqua Eldorado, nudo. I suoi occhi salirono lentamente dai piedi sino a << O mio Dio!!!>> era davvero come lo descriveva la Pastura. La Scricchione a quella visione ebbe un calo di pressione e dovette appoggiarsi a qualcosa che le era vicino ma subito dopo si sentì un rumore di vetri in frantumi, un colpo sordo nel petto la risvegliò e fece per andar via nella speranza di non esser vista dall’uomo; fece pochi passi verso l’uscita ma ciò che si aspettava di sentire << chi è?!? Ti ho visto!!>> insomma, le solite grida di una persona che scopre un intruso nel proprio bagno, non ci furono. La Scricchione con timore tornò sui propri passi e con orrore, tra le nebbie acide di bagnoschiuma all’arancia, scoprì il cadavere di Eldorado.
Quando la polizia la interrogò, spiegò che si era intrufolata in casa perché la porta aperta l’aveva insospettita. Di quel breve colloquio con il giovane agente, la donna portò con se nei suoi ricordi fino alla morte, due cose, le parole del coroner <<rigor mortis...tutto duro>> e un suo breve pensiero <<decisamente, tutto duro!!>>


Non disperate tra due settimane seguirà il prossimo capitolo "IL CONDOMINIO CALDARA"



Nessun commento:

Posta un commento