sabato 7 febbraio 2015

Turbamenti a Gomorra...

Sono turbato! (Per favore niente battute) Sono tubato e non capisco se questa cosa sia un bene o un male. Forse entrambe le cose. Cominciamo dall’inizio di questa giornata singolare (che poi di singolare non ha nulla). Ero sul treno nel pieno della tiepida indifferenza di chi legge il giornale, quando la mia attenzione è catturata da un vociare indistinto, passeggeri che si scambiano sguardi di terrore, qualcuno che si alza e corre in un altro vagone. Tolgo le cuffiette e mi avvicino a una signora che mi sussurra, senza guardarmi negli occhi – quei tre? Hanno rubato. Per carità, non ci metto la mano sul fuoco, però c’hanno la faccia da delinquenti. – gentilissima. In breve, la storia è questa: hanno rubato un cellulare; non so a chi, come o perché, quello che è certo è che l’hanno rubato. I tre, loschi individui, vengono rincorsi nella mia carrozza da tre ragazzi che gli intimano di scendere alla prossima stazione. Il capo dei loschi, almeno così credo anche se ha l’aria di un quarant’enne ficcato  a forza nei panni di un sedicenne, con fare minaccioso ci tiene a farci sapere di essere un galeotto con obbligo di firma (grazie, te ne siamo molto grati) e quindi molto pericoloso. I tre protettori della legge (improvvisati) non sembrano essere impressionati, anzi, puntano i piedi, ostinati a voler far scendere i loschi individui. Poi, eccolo lì, l’oggetto della contesa, il cellulare. Spunta come un raggio di sole in questo plumbeo febbraio, qualcuno commenta con un – questo si che è un gesto da uomo. -. La situazione sembrerebbe essersi calmata, i tre hanno deciso di continuare il viaggio nel mio vagone (Non avevo dubbi) ed ecco che arriva la controllora che affronta i loschi  a brutto muso – qua’ non se rubba! Andate a rubba’ a casa vostra…questo è il mio treno. Sul mio treno sono io la legge. Attenti a voi, altrimenti vi faccio assaggiare un po’ di piombo…- e poi si strappa i vestiti di dosso e comincia a picchiare i tre, lanciandoli, alla fine, dal treno in corsa mentre i passeggeri  fanno la ola e poi, sotto un scrosciare di applausi, la vedo camminare nella mia direzione, mi prende in braccio e finiamo la nostra storia dissolvendoci  nel vagone successivo. No, mi sono lasciato prendere dall’entusiasmo, però lei davvero ha cominciato a fare lo sceriffo e dopo minacce da entrambe le parti un - chiamo la polizia!- i tre hanno abbozzato e sono scesi accompagnati da un indistinto rosario di minacce e insulti, sotto lo sguardo attonito di noi altri e quello terrorizzato di un ragazzo che, all’inizio dei fatti, ha esordito con –  Io scendo! – ragazzo che sarà subitamente preso di mira da uno dei loschi, anche una volta giù. Mi sembra ci sia tutto. Ritornando al mio turbamento, comprensibilissimo dato la vicenda, in realtà nasce da una domanda: Quanto mi ha influenzato Gomorra (la serie. E prendo ad esempio questa come potrei citare, Romanzo Criminale e mill’anta)? Vi spiego, i tre ragazzi erano Napoletani e, guarda caso, automaticamente mi sono sentito proiettato in una scena della fortunata serie (nonché fichissima)  e non ho fatto altro che abbassare lo sguardo, guardare di sottecchi la scena ma fondamentalmente, “mi sono fatto gli affari miei” con un buon atteggiamento omertoso. A proposito di questo, mi chiedo quanta influenza negativa abbia avuto questa serie. Badate, per negativa non parlo dei così sdoganati episodi di emulazione, oltretutto credo che l’opera del gruppo Jackal, abbia dato un buon contributo a smontare o dissuadere da questo fenomeno che molto spesso riempie le pagine dei giornali. Io parlo di un qualcosa di più profondo che va a toccare il senso civico e la salvaguardia non solo della persona ma della comunità. L’omertà esiste da tempi immemori ma se prima la si considerava legata ad un contesto circoscritto, oggi è sbarcata anche qui. Non si corre il rischio di guardarsi attorno e vedere in ogni napoletano un boss, un killer che non si fa problemi a sparare? Questo mondo da sempre frammentato nell’eterna lotta tra il puro, seppur comprensibile, egoismo e l’eroismo, non rischia di precipitare inesorabilmente nella chiusura e nella muta accettazione di cui sempre più ci sentiamo figli?  Oppure è un impulso a ribellarsi? C’è da riflettere.