domenica 8 febbraio 2015
sabato 7 febbraio 2015
Turbamenti a Gomorra...
Sono turbato! (Per favore niente battute) Sono
tubato e non capisco se questa cosa sia un bene o un male. Forse entrambe le
cose. Cominciamo dall’inizio di questa giornata singolare (che poi di singolare
non ha nulla). Ero sul treno nel pieno della tiepida indifferenza di chi legge
il giornale, quando la mia attenzione è catturata da un vociare indistinto,
passeggeri che si scambiano sguardi di terrore, qualcuno che si alza e corre in
un altro vagone. Tolgo le cuffiette e mi avvicino a una signora che mi
sussurra, senza guardarmi negli occhi – quei tre? Hanno rubato. Per carità, non
ci metto la mano sul fuoco, però c’hanno la faccia da delinquenti. – gentilissima.
In breve, la storia è questa: hanno rubato un cellulare; non so a chi, come o perché,
quello che è certo è che l’hanno rubato. I tre, loschi individui, vengono
rincorsi nella mia carrozza da tre ragazzi che gli intimano di scendere alla
prossima stazione. Il capo dei loschi,
almeno così credo anche se ha l’aria di un quarant’enne ficcato a forza nei panni di
un sedicenne, con fare minaccioso ci tiene a farci sapere di essere un galeotto
con obbligo di firma (grazie, te ne siamo molto grati) e quindi molto
pericoloso. I tre protettori della legge (improvvisati)
non sembrano essere impressionati, anzi, puntano i piedi, ostinati a voler far
scendere i loschi individui. Poi,
eccolo lì, l’oggetto della contesa, il cellulare. Spunta come un raggio di sole
in questo plumbeo febbraio, qualcuno commenta con un – questo si che è un gesto
da uomo. -. La situazione sembrerebbe essersi calmata, i tre hanno deciso di
continuare il viaggio nel mio vagone (Non avevo dubbi) ed ecco che arriva la controllora che affronta i loschi a brutto muso – qua’ non se rubba! Andate a
rubba’ a casa vostra…questo è il mio treno. Sul mio treno sono io la legge.
Attenti a voi, altrimenti vi faccio assaggiare un po’ di piombo…- e poi si
strappa i vestiti di dosso e comincia a picchiare i tre, lanciandoli, alla
fine, dal treno in corsa mentre i passeggeri fanno la ola e poi, sotto un scrosciare di
applausi, la vedo camminare nella mia direzione, mi prende in braccio e finiamo
la nostra storia dissolvendoci nel
vagone successivo. No, mi sono lasciato prendere dall’entusiasmo, però lei davvero ha
cominciato a fare lo sceriffo e dopo minacce da entrambe le parti un - chiamo
la polizia!- i tre hanno abbozzato e sono scesi accompagnati da un indistinto
rosario di minacce e insulti, sotto lo sguardo attonito di noi altri e quello
terrorizzato di un ragazzo che, all’inizio dei fatti, ha esordito con – Io scendo! – ragazzo che sarà subitamente
preso di mira da uno dei loschi, anche una volta giù. Mi sembra ci sia tutto.
Ritornando al mio turbamento, comprensibilissimo dato la vicenda, in realtà
nasce da una domanda: Quanto mi ha influenzato Gomorra (la serie. E prendo ad
esempio questa come potrei citare, Romanzo Criminale e mill’anta)? Vi spiego, i
tre ragazzi erano Napoletani e, guarda caso, automaticamente mi sono sentito
proiettato in una scena della fortunata serie (nonché fichissima) e non ho fatto altro che abbassare lo sguardo,
guardare di sottecchi la scena ma fondamentalmente, “mi sono fatto gli affari
miei” con un buon atteggiamento omertoso. A proposito di questo, mi chiedo
quanta influenza negativa abbia avuto questa serie. Badate, per negativa non
parlo dei così sdoganati episodi di emulazione, oltretutto credo che l’opera
del gruppo Jackal, abbia dato un buon contributo a smontare o dissuadere da
questo fenomeno che molto spesso riempie le pagine dei giornali. Io parlo di un
qualcosa di più profondo che va a toccare il senso civico e la salvaguardia non
solo della persona ma della comunità. L’omertà esiste da tempi immemori ma se
prima la si considerava legata ad un contesto circoscritto, oggi è sbarcata
anche qui. Non si corre il rischio di guardarsi attorno e vedere in ogni
napoletano un boss, un killer che non si fa problemi a sparare? Questo mondo da
sempre frammentato nell’eterna lotta tra il puro, seppur comprensibile, egoismo
e l’eroismo, non rischia di
precipitare inesorabilmente nella chiusura e nella muta accettazione di cui
sempre più ci sentiamo figli? Oppure è
un impulso a ribellarsi? C’è da riflettere.
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